Cosa è la prossimità? È una dimensione sospesa tra il sistema di welfare formale, organizzato e (forse iper) regolato e l’azione personale e privata come l’aiuto dato ad un amico; sta lì nel mezzo, generalmente troppo sfuggente per essere codificata da un punto di vista giuridico, eppure con tutte le caratteristiche di un comportamento sociale.
Il seguente testo è tratto dall’articolo di Gianfranco Marocchi del 5 settembre 2016 “Comunità di prossimità, la condivisione riduce le distanze“ (Il punto di Labsus, LABSUS.IT).
Quasi una definizione
La “prossimità” nasce dalla consapevolezza di un bisogno qualificato condivisa tra più persone, accomunate generalmente dalla vicinanza territoriale; un bisogno qualificato, e non dunque mera aspirazione al consumo voluttuario. Uno di quei bisogni su cui misuriamo il grado di civiltà e di progresso di una società; da quelli primari, come mangiare, vestirsi, avere una casa, a quelli relativi al decoro del luogo in cui si vive, ai bisogni relazionali. Prossimità, quindi, come disposizione a sentire anche come propri i problemi di chi è accanto; e da cui nasce una risposta basata sull’impegno attivo di coloro che esprimono il bisogno e che quindi non sono meri fruitori di un servizio o prestazione, ma anche, almeno in parte, produttori dello stesso. Gli esempi sono moltissimi: esperienze di co-housing, e in generale forme di solidarietà condominiale, con il reciproco sostegno tra gli abitanti rispetto a bisogni quali la cura dei figli, la vicinanza a persone anziane o comunque in condizioni di fragilità; supermercati solidali in cui chi è in difficoltà può trovare generi alimentari e sostegno per percorsi di reinserimento; gruppi di acquisto autogestiti; comitati di cittadini che prendono in carico la porzione di territorio in cui risiedono, ne ristabiliscono il decoro, la abbelliscono e stabiliscono tra loro nuove forme di socialità e di mutuo aiuto; immobili destinati a degrado, che vengono ristrutturati e diventano la casa di molteplici attività aggregative e di servizio alla cittadinanza, gestite con l’impegno diffuso di cittadini e loro associazioni; pedibus per accompagnare i bambini a scuola; orti urbani in cui i cittadini soddisfano una parte del proprio bisogno alimentare e instaurano nuove relazioni; e molto altro.
Gli attori della prossimità
In questi ed altri esempi vi è di solito la convergenza di una pluralità di attori: gli enti locali, che spesso partecipano anche economicamente ai processi; soggetti di terzo settore consolidati, dalla cooperazione sociale, all’associazionismo, alle organizzazioni di volontariato; e poi soggetti informali quali gruppi di cittadini, spesso aggregati senza specifiche forme giuridiche, o anche soggetti economici del territorio come i commercianti.
La prossimità è varia! Alcune di queste esperienze possono guadagnare l’onore delle cronache anche per la loro evidente spendibilità mediatica, ad esempio le social street a Bologna e poi in altri territori; ma la dimensione delle iniziative di prossimità è senz’altro molto più ampia e quasi sfuggente. Alcune hanno carattere semi-informale, altre prevedono investimenti e accordi economici significativi. Alcune si avvalgono degli strumenti di comunicazione 2.0, delle declinazioni più “sharing” e meno “market” della sharing economy, dalle banche del tempo allo scambio di oggetti di vicinato; altre sono orgogliosamente a-tecnologiche, ma in tutte la dimensione di contatto personale è imprescindibile.
La prossimità non è scontata
Gli interventi di prossimità racchiudono in sé quindi un insieme di elementi positivi. Non sono paternalistici-assistenziali, ma vedono chi esprime il bisogno come protagonista di risposte; possono generare livelli di benessere sociali difficilmente conseguibili con le strategie basate sulla mera offerta di servizi. Certo, d’altra parte la prossimità non è priva di interrogativi e criticità. Le comunità locali non vanno idealizzate, hanno risorse incredibili di solidarietà, ma anche istinti di branco, chiusure e razzismi; far prevalere le tendenze costruttive non è mai un processo scontato, dipende dalle leadership e da molti altri fattori, non sempre governabili. E la partecipazione può essere desiderata, ma anche fonte di fatica e quindi discontinua.
Insomma, la prossimità, la disponibilità dei cittadini a spendersi su interessi generali e beni comuni, non è un dato scontato. Può far leva sulla persistenza di sentimenti comunitari in parte della popolazione, ma poi va costruita e alimentata con un impegno costante; non va tradita o strumentalizzata, se no si dissolve. Insomma, è una risorsa che va coltivata con cura.