A un mese dalla prima Biennale della Prossimità che si terrà a Genova fra il 10 e il 12 ottobre, con la finalità di accorciare le distanze fra le persone e le opportunità del territorio, proponendo un fitto programma di incontri, spettacoli, mostre e laboratori , ascoltiamo il direttore della manifestazione, Georges Tabacchi, presidente del Consorzio Sociale Abele Lavoro e del Social Club di Torino.
Dove, come e quando è nata l’idea della Biennale?
Un anno fa a Palermo, partecipando ad un convegno promosso dalla Fondazione Ebbene e dal Consorzio Idee In Rete, si stava ragionando dei servizi che si possono offrire ai cittadini. Nel corso dell’incontro, al quale ero presente come rappresentante del Social Club di Torino, è emersa la volontà di mettere in rete le varie esperienze, attivando forme concrete di collaborazione.
A questo punto, proprio per non creare una struttura pesante, con adesioni incrociate dei diversi soggetti, si è pensato ad una struttura leggera che avesse più capacità di incidere e favorire scambi e condivisione. Si trattava di creare un nuovo prodotto collettivo. Così è nata l’idea della Biennale della Prossimità.
Perché una cadenza biennale e perché la prima edizione proprio a Genova?
Biennale perché organizzarne una ogni due anni è più che sufficiente, almeno in termini di impegno. A Genova per due motivi: primo, perché in quel periodo era mancato da pochi giorni don Gallo; l’altro motivo è legato al fatto che lavoro molto a Genova e proprio qui, grazie ai miei contatti, l’esperienza del Social Club di Torino è stata replicata. Il terzo è perché Palermo è una città di mare e allora abbiamo scelto un luogo affine.
Quali sono state le tappe principali nell’organizzazione della Biennale?
A febbraio ci siamo ritrovati a Milano presso Banca Etica con gli amici di Palermo e di Genova ed abbiamo iniziato a lavorare. Un impegno massiccio e crescente. Qualche brivido a giugno quando avevano aderito solo 37 organizzazioni. Poi la Biennale è letteralmente esplosa. Ad oggi hanno aderito più di cento organizzazioni ed altrettante persone singole, che in molti casi sono portatrici di altre organizzazioni.
Avete già idea della città dove si svolgerà la prossima Biennale?
“Ne discuteremo con tutti e faremo anche un sondaggio. Attualmente ci sono due scuole di pensiero: chi ritiene che la manifestazione debba essere itinerante e chi invece pensa che Genova debba diventare la Capitale della Prossimità. Vedremo, resta il fatto che chi si offrirà per ospitare la Biennale dovrà concretamente impegnarsi sul piano organizzativo.
Come vi siete organizzati per questa prima edizione?
Personalmente, da quattro o cinque mesi, dedico quasi la metà del mio tempo lavorativo alla Biennale. A Torino abbiamo la segreteria e a Genova un fantastico staff composto da Sergio, Mario, Angelo, Luca, Lucio.
Sintetizzando: qual è il significato più profondo della Biennale?
Innanzitutto premetto che secondo me è necessario, in generale, ricostruire i legami di fiducia con se stessi e con gli altri. Questo non tanto sviluppando l’ennesima, intellettualistica, riflessione di senso ma facendo vedere ciò che già esiste. E non è poco. Con la Biennale ho scoperto che la gente ha voglia di raccontarsi, voglia di scambiarsi e di conoscersi. Spero in un mondo curioso. Siamo tutti un po’ provinciali , pensiamo che la nostra “cosa” sia la più bella. Del resto, di fronte a tutte le difficoltà che viviamo quotidianamente, l’unica “cosa” che ci rimane è l’ego. Ma da solo non basta. Anche per questo nasce la Biennale della Prossimità.
Riccardo Grozio
rgrozio@gmail.com
Fonte: www.ligurianonprofit.it